Tra fuoco, grano, acqua e stelle – un viaggio nei riti antichi del 15 agosto

Ogni anno, nel pieno dell’estate, il 15 agosto si apre come una soglia sospesa tra mondi: tra il visibile e l’invisibile, tra il calore del sole e il mistero delle acque, tra l’abbondanza della terra e il ritorno al silenzio.
È Ferragosto, ma ciò che oggi viviamo come festa popolare e vacanziera ha radici molto più profonde, che affondano nei culti solari di Roma, nei miti lunari della fertilità, nei Misteri celtici del grano e nei rituali delle Madri del cielo.


Il riposo dell’Imperatore e la celebrazione della Terra

Ferragosto nasce come Feriae Augusti, le “vacanze di Augusto”, istituite nel 18 a.C. da Ottaviano Augusto.
Non era solo un regalo al popolo contadino dopo le fatiche del raccolto: era un’operazione sottile di sacralizzazione del potere imperiale, che si innestava su un terreno già ricco di simboli.

Il mese di agosto, nella Roma antica, era costellato di festività preesistenti: i Consualia dedicati a Conso, dio dei granai; le Opiconsivia, in onore di Opi, dea dell’abbondanza; le celebrazioni per Vertumno, custode delle stagioni.
E il 13 agosto era il giorno di Diana, la dea lunare e selvatica, patrona delle madri, della natura e della rigenerazione.

Non una semplice festa, ma un nodo energetico nel calendario cosmico.


Il Ferragosto dei Celti: Lughnasadh e la sacra mietitura

Nel Nord Europa, mentre Roma consacrava l’imperatore e i suoi dei, le popolazioni celtiche celebravano Lughnasadh (o Lammas), la festa del dio solare Lugh.
Lugh, il “Luminoso”, signore delle arti e del raccolto, aveva istituito la festività in onore della madre morente, Tailtiu, simbolo della Terra che si sacrifica per nutrire i suoi figli.

Dal 15 luglio al 15 agosto, il tempo si apriva a un ciclo di ringraziamento e riti propiziatori.
Si danzava, si offrivano i primi frutti, si celebrava il grano che, tagliato, non moriva, ma si trasformava in pane, in vita, in promessa.

Nel suo volto mitico, Lugh era Samildanach, “colui che possiede tutte le arti”. Era Mercurio per i Romani, Odino per i popoli del Nord, e nei suoi simboli (cinghiale, corvo, fuoco) portava il germe della metamorfosi.


Iside, Maria e Sirio: il femminile che sale al cielo

Non è un caso che il 15 agosto, nel cielo, accada qualcosa di straordinario: Sirio, la stella madre, sorge all’orizzonte orientale poco prima del Sole.
È l’elisio o levata eliaca della stella più luminosa del nostro firmamento.

Per gli antichi Egizi, quel momento segnava l’inizio dell’anno sacro e l’arrivo delle piene del Nilo. Sirio era Iside, la Grande Madre, colei che piangeva Osiride e risvegliava la vita.
Nel tempo, questa stessa figura è transitata nel culto della Vergine Maria, e il 15 agosto è divenuto – in epoca cristiana – il giorno dell’Assunzione.

Iside solleva l’anima del mondo, Maria ascende al cielo: due immagini, un’unica funzione archetipica.


Fuoco e Acqua: il rito nascosto nei gesti popolari

Ferragosto è la festa in cui gli elementi si incontrano.
Il Fuoco, celebrato nei falò, nelle lanterne, nei fuochi d’artificio che ancora oggi colorano le notti estive.
L’Acqua, evocata nei bagni notturni, nelle fontane, nelle abluzioni rituali.

A Roma, fino a pochi decenni fa, Piazza Navona veniva allagata per offrire refrigerio e rivivere le naumachie.
In Sicilia, si bruciavano erbe lungo le strade, si accendevano torce per onorare la Dea. A Messina, la Cavalcata del Gigante e della Gigantessa celebrava antichi echi di Cibele, Saturno e Rea.

E anche noi, senza saperlo, quando facciamo il bagno a mezzanotte o gettiamo lo sguardo verso i fuochi sul mare, ripetiamo quegli antichi gesti.
Perché Ferragosto non è solo un giorno: è un portale tra il ciclo del fare e quello dell’essere, tra il raccolto e la trasformazione.


Riscoprire il significato perduto

Abbiamo smarrito i nomi ma non i gesti.
Ci resta la memoria delle acque, il calore della terra appena mietuta, la luce della stella che torna a brillare, il femminile che si fa cielo.

E se oggi potessimo vivere Ferragosto non come vacanza ma come rito, se potessimo tornare a celebrare la Dea che riposa e il Sole che si china… allora potremmo sentire dentro di noi quel punto d’equilibrio in cui la Terra ringrazia, e noi con lei.


Ferragosto è fuoco e acqua.

È grano e stella. È danza e silenzio.

È l’archetipo della Dea che sale. Il seme che diventa pane.
È l’estate che, nel suo culmine, si fa già promessa d’autunno.

 

LA DONNA-DEA RISORGE DALLE PROFONDITA’ DI SE STESSA

 

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